Le streghe son tornate

Nuovo disco per i canadesi Silver Mt. Zion

Fuck Off Get Free We Pour Light on Everything

Le streghe son tornate. Nuovo disco per i canadesi Silver Mt. Zion.

Non riesco a non pensare al medioevo dei Brueghel e dei Bosch quando ascolto un disco di Thee Silver Mt. Zion Memorial Orchestra. Dopo il ritorno sulle scene dei padri Godspeed You! Black Emperor e la pubblicazione nel 2012 di un nuovo disco che mancava da ben dieci anni tocca ora ai figli tornare alla ribalta con questo eccellente“Fuck off Get free We pour light on everything”pubblicato come di consueto dalla Constellation Records.

Il gruppo nato nel 1999 come filiazione dei GY!BE, da lì infatti provengono tre membri dell’ensemble, si sono sempre progressivamente affrancati dal post-rock fatto di progressioni tempestose del gruppo d’origine caratterizzandosi per una musica più emozionale e diretta. Laddove i GY!BE si affidano alla matematica con costruzioni quasi orchestrali qui tutto punta al cuore: la voce dolente di Efrim Mamuck, i violini di Sophie Trudeau e Jessica Moss, gli improvvisi vuoti e pieni che creano un paesaggio sonoro mutevole e inquieto.

‘This is our punk-rock’ titolava un loro disco del 2003, ed Efrim ha sempre dichiarato che la musica suonata dal suo gruppo è un punk-rock etico ed estetico. Un approccio alla musica, quello dei Silver Mt. Zion, che  si è allontanata caparbiamente dallo scomodo e angusto ambito post-rock in cui era nato il progetto facendo rotta verso territori folk. Esemplari in questo i due ottimi dischi realizzati con il cantautore Vic Chesnutt: andatevi a sentire la splendida ‘Debriefing’ dove compare anche Guy Picciotto dei Fugazi alla chitarra e lasciate che il vostro cuore se ne innamori perdutamente.  Insomma la strada verso un folk apocalittico dove il canto è il più delle volte invettiva e anatema era tracciata.

 Invettive e anatemi che non risparmiano la politica americana, basti citare a testimonianza del loro impegno militante l’accoppiata  ‘God bless your dead marines’ e  ‘Mountains made of steam’ che apriva l’ottimo  ‘Horses in the sky’  del 2005, o la furente presa di posizione contro la guerra in Iraq nei quindici minuti di ‘1.000.000 died to make this sound’nel successivo  ’13 blues for thirteen moons’. Posizioni scomode che i nostri assumono fieramente come hanno più volte ribadito: C’è ancora molto per cui combattere, e ci sono ancora alcune canzoni di lotta da cantare”.

Quest’ultimo disco si apre con i dieci minuti tempestosi di “Fuck off get free (for the island of Montreal)”, continua con il quarto d’ora di  crescendo di “Austerity blues” , i sei minuti rabbiosissimi di “Take away these early grave blues”  per poi placarsi momentaneamente nella delicata “Little ones run” . Due minuti di nenia pianistica che introducono alla splendida ballata a due voci “What we loved was not enough” prima degli ultimi quattro spettrali minuti di “Rains thru the roof at thee Grande Ballroom (for capital steez)” e consegnarci un disco che ascolterò a lungo.

Ascolta qui il nuovo disco

L’Ostile Libero

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